Se pensiamo ai personaggi famosi come persone ‘normali’ o se pensiamo che un attore venga scelto per un film perchè è bravo (ad esempio quando lo dicono di tom hanks), è facile che giudichiamo come frivolo o soravvalutato o ridicolo tutto lo star system e, a mio avviso, incorriamo in un’analisi errata.
E’ una lettura frutto della propaganda pubblicitaria: i giornali parlano della star di turno come “uno di noi” affinchè ci identifichiamo e possano vendercela meglio.
Quando Tom Hanks viene scelto per un cast, la scelta è giustificata dalle sue abilità. Forse prima era così, ma ora inserirlo in un cast non è altro che la scelta di un brand che funziona. E’ co-branding: se prendo Tom Hanks, la gente verrà a vedere il film, a prescindere dal film, a prescindere dalla trama, a prescindere dalla recitazione. vengono perchè “è tom hanks” e una parte di pubblico ha deciso che lo segue, ne è seguace (fan e poi follower), si affida, parteggia.
Un po’ come schierarsi con Shiva, Visnu o Krishna. O con la Juve, il Milan o l’Inter.
In realtà, esattamente come gli dei greci venivano descritti con difetti e ‘pochezze’ tipici umani per avvicinarli a noi mortali ed esattamente come professiamo una religione per fede (a prescindere dalla verosimiglianza della storia, dalla morale del credo, dalla simpatia del dio o del messia di turno), il motivo per cui esiste lo star system è che dovevamo sostituire con qualcuno il dio che, come diceva Nietzsche, ad un certo punto è morto.
Cioè?
Cioè in mancanza di una narrazione che ci tenesse uniti intorno ad uno scopo e ad un’etica condivisa, ad un senso di comunità che sappiamo essere ormai sgretolato, abbiamo avuto bisogno di un nuovo immaginario che ci scaldasse altrettanto il cuore.
Abbiamo cercato nuovi dei, no non i personaggi famosi, ma ciò che loro rappresentano per il nostro immaginario. L’immaginario che ci nutre l’anima, che ci dà un’identità, che ci fa riconoscere chi è con noi e chi non lo è. Roba primordiale e imprescindibile.
Colamedici e Gancitano parlano di “alba dei nuovi dei” riferendosi, ad esempio, alle serie tv.
Non è un’esagerazione e non è nemmeno una svalutazione del sacro. E’ invece un accorgersi che le coordinate sono cambiate, sono arrivati i barbari, come direbbe Baricco, e in assenza di grandi temi inarrivabili, ci siamo organizzati con quello che avevamo.
Per immaginario intendo un insieme di significati, simboli, letture e valori.
Che può essere generazionale, nazionale, etnico… e tutte le categorie più becere in cui possiamo inserire gli esseri umani (ma tant’è).
Ora, perchè dovrebbe interessarti?
Perchè quando nasce un nuovo brand, perchè sia compreso e comunicabile agli altri, ha bisogno di rifarsi ad un immaginario comune (ad esempio, quello della nostra società occidentale, ma possiamo scalare dal macro al dettaglio, a seconda delle esigenze).
Quindi: certo che non ti interessano gli attori di Hollywood, i gossip sui calciatori, le influencer di turno, i pettegolezzi sui social, ma sono simboli, interessanti in quanto simboli, per capire meglio in quale piazza stiamo offrendo il nostro valore (attraverso il nostro progetto).
A questo serve la cronaca di costume, quella che ci possiamo permettere: un tempo era Verga, oggi il Grande Fratello.
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