Nel modo attuale di intendere un business o un progetto c’è un’idea malsana di crescita

che ti costringe a non fermarti mai,
a correre con ritmi non tuoi,
a stare in dimensioni non umane

La crescita comunemente intesa è un obiettivo di business che si basa sul modello economico lineare, ovvero un modello di produzione e consumo che

  • incentiva la continua produzione di nuovi beni
  • si basa sull’estrazione di risorse naturali limitate che si esauriscono rapidamente
  • prevede la produzione massiva di prodotti di scarsa qualità, progettati per durare poco
  • si basa sul consumismo usa e getta
  • si basa sullo smaltimento dei rifiuti in discarica o tramite inceneritori
  • ha un grande impatto ambientale

Often, in the pursuit of growth,
companies or founders have to battle what Danielle LaPorte refers to as “The Beast”.
A company focused on growth often puts into place complicated systems to handle exponential volume and scale,
which require more resources (human and financial) to manage,
which than require more complex system
to manage the increased resources and so on and so onrid.
Paul Jarvis, in “Company Of One”

Il concetto di crescita lineare che persegue il nostro sistema economico è chiaramente non sostenibile ed è fondata su principi a mio avviso distorti e sbagliati:

  • il pregiudizio che se non cresci muori
  • l’idea che qualcosa possa crescere all’infinito
  • la misurazione di metriche che servono a nutrire l’ego (vanity metrics), invece di quelle che rendono davvero sostenibile e longevo un brand

Ci sono alternative? Modi per mantenersi dinamici e vitali senza dover ingrandire le dimensioni del proprio progetto?

Alternative alla crescita lineare

La natura offre diverse alternative alla crescita lineare. Come si è detto, niente può crescere all’infinito.
Anche per un’attività esistono forme di crescita sostenibili, non artificiose, non dettate dall’ego.

Giorgio Soffiato, AD di Marketing Arena, ne parla in un’intervista dell’agenzia Brief:

Io penso che l’unica cosa da fare sia essere rilevanti.

Si cresce, intanto, evitando di saturarsi su clienti sbagliati: il 20% di clienti che non sono più adatti ai tempi, perché i tempi sono cambiati.
Si cresce dicendo dei no.”

Soffiato sostiene che non tutte le aziende devono avere gli stessi obiettivi e gli stessi misuratori di crescita.

“Uno potrebbe crescere anche coi soldi.
Tu parli con uno che Marketing Arena è tutta sua, figurati se la parte di startup, scale up, finance, mi interessa.
E’ chiaro che è costato 12 anni di vita in più: si poteva essere qua 12 anni fa? Sì, con i soldi di un altro.
Però io non andavo a giocare a tennis alle 5, il venerdì pomeriggio, che è fondamentale.

Se devo fare un’exit per diventare dipendente
di una roba
in cui prima non ero dipendente,
ci rifletto un secondo,
perché comunque c’è un tema di libertà.

Sul “Devi crescere per forza” io sono totalmente d’accordo, però tu puoi crescere anche del 2%.
Il tema è la trazione che hai, non il fatto che tu debba crescere 40.
Devi crescere col tuo passo.
E può anche essere che tu per 2 anni non cresca o cresca per competenze, per qualità, che cresca per progetti.

Il tuo KPI può essere il fatturato medio del tuo cliente: anche quella è crescita.
Come la felicità è assenza di dolore, la crescita è assenza di immobilismo.

Anche Paola Nosari, money mentor, è dello stesso avviso:
Più soldi significano anche più responsabilità, più impegni, più cose da gestire.
E allora, la crescita non dovrebbe essere un fine in sé, ma un mezzo per qualcosa di più grande.
Magari più tempo. Magari più libertà. Magari più possibilità di scegliere.
Anche queste sono scelte possibili e la crescita non è l’unico parametro con cui misurare il successo.
La vera domanda non è “come faccio a guadagnare sempre di più?”,
ma “come faccio a costruire un lavoro che mi faccia stare bene?”

E forse, più che ossessionarci con l’idea di far crescere la nostra attività,
potremmo interrogarci su come sostenere la sua evoluzione.

Quella sì è davvero sempre necessaria.

L’obiettivo non è crescere, ma evolvere

Adriano vede la fabbrica come un organismo vivente,
che ha una infanzia, una giovinezza, una maturità,
e che volgerebbe al tramonto
se non si trasformasse continuamente in qualcosa di nuovo.
da “Adriano Olivetti. la biografia” di Valerio Ochetto

Per BloomyWild, marketing non vuol dire diventare più grandi: il marketing non deve necessariamente farti crescere, deve farti essere più consapevole, più forte, più chiaro e quindi più utile e convincente con i tuoi clienti.
Per BloomyWild l’obiettivo di un’attività non deve essere la crescita, ma

  • un’evoluzione, una trasformazione spontanea, non lineare, che rispetti reali esigenze e tempi
  • la sostenibilità nel tempo
  • un impatto significativo a beneficio della società

Ecco, questo ultimo punto dovrebbe essere il punto di partenza e il fine ultimo di un’attività imprenditoriale.