La tocco piano: uno dei principali problemi delle piccole aziende sono gli imprenditori che ne sono a capo.
Capita molto più spesso di quanto si pensi di trovare attività e aziende guidate da esigenze personali più che da necessità relative al progetto.

Il lavoro di BloomyWild si basa sull’identità del brand, quindi su quella di chi lo ha creato, e prevede di prendere in grande considerazione la personalità dell’imprenditore, ma avere la fama come obiettivo significa, di fatto, voler essere qualcun altro invece che se stessi, guardare fuori invece di partire dalla propria identità, trascurare le proprie esigenze e quelle del brand in favore di un ideale (che spesso non esiste).

Persone che hanno necessità di apparire (ai loro occhi o quelli altrui) più che di fatturare.
È indicativo di un baricentro spostato su se stessi anche che molte di queste attività non abbiano un business plan (o che ne abbiano fatto uno e poi l’abbiano lasciato in un cassetto, senza ritoccarlo in continuazione come invece si dovrebbe, soprattutto nei primi tempi): è il primo campanello di allarme di un progetto non sostenibile.

Nella comunicazione, ma anche nelle riviste, negli articoli, persino nei libri, prendono sempre più piede contenuti autoreferenziali e non pensati a beneficio di chi li riceve.
Contenuti vetrina, esercizi di stile, che dicono “guardami, ammirami, sogna di essere come me”, prodotti al solo scopo di provocare una reazione “wow” (milioni di reel-collage di foto, ad un ritmo forsennato, che non lasciano capire niente del brand se non che è “fighissimo/cool”), per generare stima, invidia, fomo, ma mai un dialogo o un servizio utile per il destinatario.

Emblema di questa condizione sono le cosiddette vanity metrics: quei risultati che nutrono più l’ego che il portafoglio e non spostano niente. Ad esempio,

  • il numero di follower
  • il numero di like (sai che Instagram, se non apri la app dopo aver pubblicato un contenuto, sollecita le visualizzazioni in modo che aumentino i like e tu abbia voglia di riaprire la app?)
  • pensare all’articolo di giornale (o alla stella) più che a soddisfare il proprio cliente
  • organizzare un evento con l’intento più o meno inconsapevole di mettersi in mostra, invece che come parte di una precisa strategia
  • accettare collaborazioni perchè lusinghiere, senza valutare se sono coerenti col proprio brand
  • non badare a spese nella creazione di un prodotto
  • concedersi acquisti non giustificati
  • investire molto nell’arredamento

sono segnali di vanità, accadono molto di frequente e sono nemici della sostenibilità di un’azienda.

Conseguenze

Fino a quando siete al centro dell’attenzione, tutto è più facile.
Ma se rinunciate al controllo e vi calate nel cuore dell’organizzazione,
allora potete diventate influenti.
Molti non ci riescono; non riescono a rinunciare al controllo
e al fatto di avere tutte le luci puntate su di sé.
Ebbene, costoro restano impantanati dentro a quel fossato
e non ne vengono più fuori.
Seth Godin, “Il vicolo cieco”

Cosa succede se un business si regge sull’ego (la passione, la smania, l’ambizione) del suo fondatore e non sulla produzione di valore per gli altri?

  • non funziona
    In alcuni casi, infatti, queste storture sono possibili grazie ad un budget a disposizione che copre i vezzi dell’imprenditore, ma non mancano casi in cui le aziende che adottano questo atteggiamento sopravvivono appena.
  • fa male, ha un costo personale molto alto
    è un’attività basata sul sacrificio, sulla salute, sulle energie personali. Non finisce bene.
  • la comunicazione diventa controproducente
    Alla lunga, contenuti che sembrano brillanti e “giusti” perchè in trend, si sgonfiano, sia perchè essendo omologati generano assuefazione da parte del pubblico, sia perchè non puoi creare nessuna relazione con qualcuno che stai mettendo a disagio.
    Sì, all’inizio questo tipo di contenuti attira nuovi follower, perchè seguire un profilo contrasta la fomo, dà la sensazione di far parte di quella coolness che stai vendendo, ma, anche se inconsapevolmente, il pubblico riceve frustrazione, distanza, esclusione ed un ventaglio di emozioni negative e senza scambio, senza fiducia, non è possibile creare una relazione tra il tuo brand e il tuo pubblico.

Un’attività che non è in salute la si riconosce perchè è una continua emorragia (di soldi, di energie, di persone, di sforzi).
Questo perchè fare impresa è un atto eroico e quando funziona è unicamente perchè, offrendo un servizio alla comunità, ha il ritorno più potente che ci sia: la felicità dell’altro.
Se però un’impresa non è fondata su questo obiettivo, allora diventa molto più difficile sostenere il progetto.

Come intervenire

Se il tuo progetto non ha come scopo principale quello di servire un bisogno della comunità, e quindi è molto probabile che non si sostenga economicamente, il marketing non può essere d’aiuto.

Occorre ripartire da capo. Il primo passo è capire per quale motivo personale hai creato la tua attività e quanto questa necessità prevalga su ciò che viene richiesto da business plan, strategia, potenziali clienti.
Non tutte le attività sono destinate a sopravvivere, è importante capire quando è il momento di lasciar perdere.