Come molte altre tecnologie precedenti, quando è arrivato il fenomeno dell’e-commerce, il mondo ci si è buttato a capofitto pensando che fosse la soluzione definitiva.
Finalmente si poteva vendere ogni genere di articolo, senza costi aggiuntivi quali affitto, bollette, commessi, distributori. Finalmente vendere era diventato facile.

Nell’articolo “A reckoning. The Direct-to-Consumer craze is slamming into reality” del 2022 di Alex Kantrowitz si parla del vantaggio di eliminare ogni intermediazione di questo modello di business:

“Nessun punto vendita, nessun “middleman”, solo un sito web, un prodotto, e una stupenda logistica.
La coesistenza di più fattori ha però sgretolato il castello di carte di queste realtà:

  • costi pubblicitari crescenti;
  • difficoltà nella misurazione;
  • spese di logistica elevate;
  • mercati più tiepidi rispetto alle “growth stock”;
  • base clienti più piccola rispetto alle previsioni.

Questo ulteriore contributo non fa che testimoniare quanto già ipotizzato: costruire un brand oggi è un’attività non solo imprescindibile, ma anche consigliata per le aziende che vogliono eccellere dentro e fuori la Rete. È semplicemente finito il tempo delle scorciatoie.”

L’articolo non solo ribadisce l’importanza del brand, ma chiarisce che nessuna strada rappresenta la grande svolta, senza un lavoro dietro.
In realtà aprire un e-commerce può risultare una soluzione molto costosa e senza risultati, se non si seguono alcuni accorgimenti.

Non basta un sito

Avere un e-commerce è come aprire un negozio in una via poco battuta: se non ci porti le persone, il negozio rimane lì, vuoto.
Perché funzioni, occorre:

  • una nicchia di mercato specifica e un posizionamento solido, quindi un brand
  • un sito web fatto molto bene e ottimizzato per l’e-commerce
    la navigazione tra le pagine sia ragionata, ogni singola pagina sia trattata come una landing page e quindi progettata per vendere, il processo di acquisto non abbia attriti o ostacoli.
  • una strategia di promozione e comunicazione
    appositamente dedicata all’ecommerce
  • fotografie di prodotto di ottima qualità
    che rispettino il brand e la sua identità visuale
  • una persona competente che se ne occupi
    e che guardando costantemente i dati, aggiusti il tiro nel tempo, in caso di bisogno
  • prendersi cura di tutti i punti di contatto con il cliente
    recensioni, checkout, pagina di ringraziamento, abbonamenti, questionari, ecc

L’e-commerce deve essere considerato uno dei tanti canali del brand, se integrato infatti in un sistema (anche tradizionale. come, ad esempio, un negozio fisico) dona flessibilità ed efficienza al progetto, ma da solo ha difficoltà a rimanere in piedi.
Giorgio Soffiato, nel suo libro “Professione Marketing Manager”, cita gli errori da evitare:

  • partire dal prodotto e dal prezzo di vendita, ignorando costi di processo che emergono durante il percorso
  • pensare che sia facile ed economico
  • voler essere Amazon e rivolgersi ad un mercato di massa
  • concentrarsi sulla piattaforma e non sulla logistica
  • considerare l’e-commerce è un canale a parte
  • pensare di poterlo fare da soli nel tempo libero
  • pensare di delegare tutto a esperti, mentre almeno il prodotto deve rimanere di competenza interna
  • credere che “più prodotti = più forza”

In generale, secondo Soffiato:

fare e-commerce è uno dei progetti più complessi che esistano,
non è semplicemente possibile occuparsene a tempo perso o la sera.
Ci si rende conto che questo approccio è contrario a molte pubblicità sui social network
che promettono soldi facili grazie a tecniche di dropshipping,
solitamente gestite in infradito da Paesi esotici.
Non va fatto l’errore di sottovalutare questi sognatori,
che in gran parte dei casi prosperano con il network marketing.

E’ importante non considerare un e-commerce come l’eldorado delle vendite e non sottovalutare l’impegno necessario a farlo funzionare.
E’ bene affidarsi a persone competenti, che non si occupino semplicemente “del sito web”, ma di tutto il sistema che sorregge uno shop online.