Bloomywild si occupa di brand purpose driven, cioè progetti che hanno uno scopo più alto del profitto, volto a migliorare le comunità che abitano.
Mi preme dire una cosa a questi brand: la comunicazione è un nodo della vostra filiera.
Deve essere coerente con il vostro lavoro.
Se avete scelto di non essere convenzionali / industriali / mainstream, la vostra comunicazione non può essere standard, basata su algoritmi e su valori performativi capitalistici.
Non potete fare come fanno tutti gli altri, non dovete puntare a like e follower, ma cercare gli stessi principi cui vi affidate nel vostro lavoro: creazione di valore, sostenibilità umana, economica e ambientale.
Non è indispensabile, come vi raccontano, consegnarsi a Meta (o altre piattaforme o logiche simili) e alle sue dinamiche: come non le accettate nel vostro lavoro, non dovete omologarvi nemmeno nell’ultimo tratto della vostra filiera che è il rapporto diretto con il pubblico, la comunicazione.
Con BloomyWild ci occupiamo di Comunicazione autentica ed etica:
- niente di preimpostato, che prescinda da te
- nessun algoritmo a cui piegarsi, non usiamo tattiche
- ti mettiamo in relazione con i tuoi clienti e poniamo le basi per un rapporto di fiducia
- non ti sputtaniamo, non ti ridicolizziamo
- non ti conformiamo a tutti gli altri
Nella pratica, questi sono i principi che guidano il nostro modo di fare comunicazione per noi e i nostri clienti.
Prima il brand
Non si può fare comunicazione senza prima aver creato brand e strategia marketing. Non puoi affidare i tuoi social (o altri canali) ad un social media manager e dirgli: comunica per noi. Non funziona. Nel migliore dei casi, pubblicherà post generici, uguali a tutti gli altri del tuo settore.
Necessità comunicativa
Si comunica solo se necessario. solo se c’è un messaggio reale, urgente, da dare.
Occorre ecologia, il web è pieno di contenuti spazzatura: scriviamo per meritarci il tempo dell’utente. La nostra comunicazione si absa sul content marketing: creiamo contenuti di valore.
Non cadiamo in clichè, non produciamo contenuti che non servono. Badiamo alla coerenza del messaggio e alla dignità di ciò che scriviamo: noi non surfiamo l’onda del trend del momento, non facciamo appropriazione culturale, per ottenere visibilità a tutti i costi, ma rispettiamo unicamente l’esigenza del Brand.
Non si parte dal calendario editoriale, ma dal calendario marketing (lanci, eventi, progetti, ecc): se non c’è niente di nuovo/urgente da comunicare vuol dire che il brand non sta evolvendo (il che può succedere).
Qual è l’obiettivo principale che l’azienda si pone per quel social network in quel preciso momento?
Comunichiamo per raggiungere obiettivi nella realtà, come aumentare i contatti, le presenze, le prenotazioni.Badiamo all’interazione, non badiamo al numero dei follower (vanity metric) o ai like (vanity metric. la maggior parte delle persone che concordano con qualcosa non mette like, noi per primi non mettiamo like a tutto ciò che ci piace).
Chiara Gandolfi, copywriter, dice che ogni volta che scriviamo qualcosa deve essere perché vogliamo portare un cambiamento. Dopo decenni che lavoriamo e frequentiamo il web, siamo anche dell’idea che se una proposta non ottiene seguito non sia colpa della comunicazione, ma della proposta, che non incontra i bisogni/l’interesse del target (la comunicazione può aumentare o meno la risposta, ma non può crearla quando non c’è, a meno di mentire).
Perché la comunicazione si basa sulla realtà dei fatti, altrimenti è bugia.
Rispetto delle persone
Parliamo a persone che stimiamo.
Sun tzu dice che è meglio catturare uno Stato intatto invece che logorato dalla guerra che gli hai mosso contro. Allo stesso modo una comunicazione che svilisce, mira al ribasso (di intelligenza, cultura, civiltà) “cattura” un target fallato, meno utile e meno soddisfacente come committente/cliente. Facciamo invece in modo di attrarre pubblici con cui vogliamo avere a che fare!
I clienti non sono il nemico, non sono le persone da fottere, da ingannare, da persuadere all’acquisto. Sono invece interlocutori validi con cui vogliamo avere una conversazione ed uno scambio.
Non scriviamo per manipolare, suscitare odio o mettere zizzania (ma difendiamo ciò in cui crediamo).
Diamo particolare importanza alla qualità della vita e alla salute mentale, che l’uso dei social network compromette, sia dal lato addetti ai lavori (studi dicono che i marketer sono tra i più insoddisfatti – linkedin) che da quello utenti (Facebook papers).I messaggi istantanei a cui siamo continuamente esposti abusano della nostra attenzione, creando un costante obbligo a performare, e di conseguenza uno stress incredibile: la conseguenza è che si smette di provare interesse per le cose, la sovrastimolazione è tale che è difficile emozionarsi. Non ne possiamo più di lanci fatti non per noi.
“Dobbiamo far scendere i brand dalla giostra dei social media,
che va sempre più veloce, ma non arriva mai da nessuna parte.
È giunto il momento di smettere di convincere con insistenza
e di disturbare o fare spamming,
fingendo di essere i benvenuti.”
Seth Godin
Umano (non algoritmo)
Kotler (Marketing 4.0: dal tradizionale al digitale):
“Confusi da messaggi pubblicitari troppo belli per essere veri, spesso i clienti li ignorano e chiedono consiglio alle fonti di cui si fidano davvero: la cerchia sociale composta da amici e familiari.
Le aziende devono capire che un maggior numero di interazioni e di messaggi non si traduce necessariamente in una maggiore influenza.“
“Un brand deve distinguersi dalla concorrenza instaurando relazioni significative con i clienti in corrispondenza di alcuni punti di contatto fondamentali.
Inoltre, le aziende devono saper sfruttare il potere della connettività e del passaparola. Oggi le conversazioni orizzontali tra i clienti sono il mezzo di comunicazione più efficace.
Dunque l’obiettivo ultimo è soddisfare i clienti affinché si trasformino in paladini del brand.”Scandellari:
“Puoi acquistare l’esposizione ma non l’attenzione. È facile ottenere con pochi euro 100.000 views della tua sponsorizzata, ma se la tua comunicazione non ha un reale vantaggio, rimane incompresa o anonima, risulta inutile e sarà ignorata.”
(abbiamo spiegato perchè non crediamo nelle sponsorizzate come strumento).
La cultura social di BloomyWild non si basa su quello che le piattaforme suggeriscono, nè sulle presunte esigenze dell’algoritmo.
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- Vogliamo che i nostri social abbiano: personalità, sincerità, profondità, lunghezza
- evitiamo una comunicazione aggressiva, martellant, che iper-narra, stressata per forza > essere onnipresenti potrebbe risultare fastidioso agli occhi di chi legge
- cercare di evitare di iper-narrare, stressata per forza, anche senza template, posta quando vuole ecc. quello che funziona è l’autenticità spinta (Soffiato)
- prima il contenuto e poi il formato (no: “faccio un reel che acchiappa”)
- no follower inattivi o finti
non ha senso falsare i dati per apparire diversi da ciò che si è, inoltre ad avere un grande numero di follower, crolla il tasso di interazione e le piattaforme penalizzano il profilo. - c’è bisogno di autenticità, su cui oggi più che mai, con l’affermarsi della Generazione Z, si fonda la costruzione delle relazioni negli spazi social. Una raccomandazione più volte ripetuta è quella di non pensare a vendere, ma di puntare ad accreditarsi presso le diverse community sulla base di una competenza solida, un comportamento trasparente e un rispetto autentico, unici fattori che consentono di guadagnarsi credibilità e autorevolezza (Kotler)
Un elemento di un sistema più grande
La comunicazione è solo l’ultimo nodo di una filiera che consegna valore dal brand al cliente finale.
Se la tua proposta non ha riscontro di pubblico, non è per la comunicazione, ma perchè non riscuote abbastanza interesse.
Va ripensata l’offerta.
La comunicazione può solo amplificare il tuo messaggio, non può vendere qualcosa di diverso da ciò che c’è, a meno che tu non voglia mentire e creare false aspettative (non credo ci sia qualcosa di più dannoso per un’attività).
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